In treno. Letizia Caiazzo
Sonetto nº 574
Fra La università ed Urquinaona
scambiavo nella metro occhiate languide
con la signora che era a me di fronte,
onesta e decorosa nell´aspetto
e incoronata d’ignota bellezza,
quando appuntito mi ferisce dentro
prima che il treno arrivi alla stazione,
come freccia d´amore sto sonetto
“Toglierti lentamente la camicia
slacciando uno per uno ogni bottone,
frenando l’ansia del mio desiderio
in mezzo ad i passanti frettolosi,
e contemplare il tuo corpo di dea
di questa fossa nel buio infernale”.
Emma è sveglia. Ha i piedi freddi sotto i lenzuoli bianchi. La stanza è gelata. Il freddo non la fa dormire. Il freddo, e un ricordo.
Un ricordo vicino, come il vento della sierra, che si infila fra le ombre dei grattacieli della piazza di Cuzco e che, mentre scendeva le scale della metro, le sollevò la gonna. Emma si accomodò nell’ultimo vagone. Le porte si stavano chiudendo quando un uomo andò a sedersi di fronte a lei. Il calore del suo sguardo mise in fuga il freddo della strada che s’era intrufolato sotto i vestiti. Un calore così espansivo che la dura imbottitura di acrilico della giacca di Emma la accarezzò come una sottoveste di seta consunta dall’uso.
Emma appoggiò il viso sulla spalla dello sconosciuto, che si rifletteva sul finestrino. La barba del collo le solleticava il naso, dalla camicia aperta saliva un odore a ombra di bosco, sotto la tela pulsavano vite sepolte. I suoi sguardi infiniti convergevano in diagonale sulla folla compatta. Erano le nove di sera quando Emma scesa a “Retiro”. Lo sconosciuto proseguì il suo cammino.
Emma dorme. Rimboccata dal ricordo così vivo dello sconosciuto, fa le fusa sotto il tepore del suo fiato e il solletico del suo petto. Non sono più freddi i piedi di Emma e li tira fuori, di lato, sopra la coperta.
Emma sorseggia il thè fumante. La porcellana blu notte della tazza le ricorda il sogno che ha fatto e il bordo dorato riflette sul liquido guizzi di sole che spunta. Emma si immerge di nuovo in un sogno ad occhi aperti così intenso che beve il thè d’un colpo e si brucia il palato.
Il dolore la scioglie dall’abbraccio della poltrona di piume e la proietta nella realtà del soggiorno, suo posto di lavoro. Emma prende dalla libreria un soporifero documento da tradurre reclamato dall’editore. Lo fa con gesto stizzoso e brusco. Il libro che è appoggiato alla cartella cade a terra.
Nel raccoglierlo, accarezza con la palma della mano la morbida pelle consumata, così consumata que del titolo restano solo alcune lettere scolorite. Emma ricorda vagamente di averlo comprato al mercatino, non ricorda di averlo letto; neppure aperto. Lo fa ora. Una poesia è scritta a mano dietro la copertina.
Quando legge la dedica il polso di Emma parte in quarta.
A Emma
Sonetto nº 581
Appoggiata la tempia sul riflesso
della mia spalla, che al contatto freme,
si toccano i corpi mentre culla
i pensieri un vagone d’altri tempi.
Dalla tua scollatura su allo specchio
va un’emozione e subito rimbalza
fino al mio cuore dove rifiorisce
come su una maiolica una rosa.
Così s´aprono i sensi dolce via
fra le anime e questo loro affetto
dal libro della mente tua va al mio;
umido di passione te lo invio
per il cammino corto e più diretto
che nell ’Amore ferma e in Poesia.
El italiano me ha traido a la mente Hannibal, bueno más bien a Alegra Pazzi (Francesca Neri)
Juanjo, una escena maravillosa, digna de tu sensibilidad a flor de piel. Gracias.
Un abrazo,
Vengo a verte y me retiro con la imagen del cuadro… un abrazo rub